Non era la prima volta che scoppiava un litigio durante la colazione, al numero 4 di Privet Drive. Il signor Vernon Dursley era stato svegliato all’alba da un fischio acutissimo proveniente dalla camera di suo nipote Harry. “Tre volte in una settimana!” tuonò dall’altra parte del tavolo. “Se non riesci a tenere a bada quella civetta, dovrà andarsene!” Ancora una volta Harry provò a spiegare. (Salani, 1998 traduttore M. Astrologo)
[Harry Potter and The Chamber of Secrets. 1998
The Worst Birthday
Not for the first time, an argument had broken out over breakfast at number four, Privet Drive. Mr Vernon Dursley had been woken in the early hours of the morning by a loud hooting noise from his nephew Harry’s room. “Third time this week!” he roared across the table. “If you cannot control that owl, it’ll have to go!” Harry tried, yet again, to explain. ]
Il sapore dell’incipit della seconda puntata della saga del più famoso mago del mondo non può che essere diverso per il lettore che ha già al suo attivo il primo volume e per quello che legge il suo primo Harry Potter. Ma chi mai legge Harry Potter partendo da qui? Considerando come sono andate le cose, adesso, a ciclo concluso, è effettivamente improbabile immaginare questa possibilità. Ma nel lontano 1999, la Rowling doveva pensare a questa possibilità. La sua maestria sta qui nel riuscire ad accontentare entrambi i lettori possibili: non scoraggiare il neofita rimandandolo implicitamente al primo volume, e stuzzicare da subito il fedele che non vuole certo essere costretto al riassunto della puntata precedente per colpa di chi non c’era.
Si tratta di un incipit in medias res in cui il lettore viene semplicemente buttato in acqua: ovviamente solo per il lettore nuovo si tratta di acque sconosciute. Il lettore che ha già al suo attivo la prima puntata, si ritrova sì nel bel mezzo di una scena senza capo, ma sa già di che litigi si tratta avendo già assistito a quelli precedenti e il tuffo è per lui nelle acque conosciute che ha già imparato ad amare e a gustare. Acque conosciute o sconosciute, comunque, il “non era la prima volta” che si chiude a cerchio su “ancora una volta” permette al lettore di leggere la scena come rappresentativa di una modalità tipica di relazionarsi tra loro degli inquilini ben assortiti del numero quattro di Privet Drive. E’ interessante notare come la relazione tra il signor Vernon Dursley e Harry, assolutamente opaca nel primo inizio, è qui immediatamente esplicitata: “suo nipote Harry.” Il nome Harry – a sua volta – è subito collegabile al titolo del libro: la camera dei segreti è qui adombrata nella camera di Harry abitata da un volatile che assomiglia ben poco a un canarino.
Il lettore novizio è messo comunque nelle condizioni di cogliere immediatamente l’orizzonte tematico che funge da scheletro degli eventi che verranno narrati. Lo stesso effetto di contrasto tra normalità e stranezza, i due campi semantici attivati come abbiamo visto nel primo volume della serie è qui significativamente riproposto: la scena infatti evoca una vita familiare la cui ferialità viene letteralmente squarciata da una presenza tutt’altro che domestica – una civetta che intrattiene chiaramente una relazione con Harry, ma non con il signor Dursley. I due mondi non parlano lo stesso linguaggio e sono reciprocamente impermeabili tra loro come indica chiaramente l’“ancora una volta” che precede l’ennesima spiegazione (vana) di Harry. Eppure i due ci vengono presentati come parenti. Siamo già pronti a scommettere che il peggior compleanno sarà proprio quello di Harry.