Nuovo anno, nuovo inizio. Ottimo momento per ricominciare a parlare di inizi, dopo essermi dedicata – lontano da qui – alle chiusure. Ricomincio rispondendo a chi in questi mesi di vita di CosìComincia mi ha ripetuto, sussurrato – Inizi dei romanzi? Ma no! Perché non parli della fine? Lì c’è la verità di quello che è stato.
Giusta osservazione, che merita tutta la mia attenzione. Quante volte è proprio il finale che fa crollare l’intero edificio fin lì costruito! Che delusione, vissuta quasi come un tradimento – del tempo dedicato, del scommessa accettata, della sfida raccolta, del coinvolgimento emozionale ed esistenziale speso. Vero, vero, senz’altro vero. Sì, ma non posso occuparmi qui di questo. Non posso, per una ragione pratica e una ragione teorica.
La ragione pratica è molto semplice: è ben difficile parlare del finale di un libro senza parlare dell’intero libro. Non c’è l’uno senza l’altro, l’ultimo tassello è significativo proprio perché è stato preparato in un certo modo. In agguato, quindi, il rischio di rovinare la lettura a chi il libro non lo ha già letto. Lungi da me!
La ragione teorica ha a che fare con i miei interessi personali: quello che succede al lettore mentre legge, come la storia prende forma nella sua mente e si fa spazio (se si fa spazio) nelle sue consuetudini culturali, emozionali, analitiche. Le prime impressioni, come il nuovo si legittima o meno nel nostro orizzonte percettivo, mi hanno sempre affascinato. Negli inizi, il lettore non trova solamente i primi passi di una storia con i primi tratti dei suoi personaggi, ma – crucialmente – incontra l’autore, che lì si gioca in maniera assoluta la possibilità di continuare a dire qualcosa al suo lettore, di incentivarlo a collaborare alla costruzione del significato che la storia nasconde attraverso le parole che ha voluto fossero le prime. La soglia appena attraversata parla del nostro essere ospiti, del nostro essere in attesa, del nostro essere pronti per un incontro che sta per avvenire, parla di uno sbilanciamento verso lo sconosciuto e l’altro e la disponibilità ad abitarlo ed ascoltarlo per il tempo necessario. Le prime parole dicono anche di noi, delle nostre resistenze e del nostro fidarci, del nostro dubitare e del nostro lasciare.
Ecco perché continuerò a parlare di inizi – ve lo volevo dire di nuovo, in questo nuovo inizio.
Sono d’accordo con Pia Masiero. Un inizio è comunque un incontro. Può diventare una storia d’amore con il libro o un percorso più o meno tollerabile tra le pagine. In entrambi i casi se ne può parlare solo a libro letto.
Anna Nadotti
Anch’io condivido questo interesse per gli inizi (in realtà, non solo in letteratura). Mi piace vedere l’autore che, nelle prime pagine, accompagna il lettore all’interno della cornice, pone (o propone) le regole del gioco, costruisce “mondo”.