Il bordo vertiginoso delle cose (Gianrico Carofiglio, Rizzoli 2013)

CarofiglioPreludio

Come ogni mattina entri nel solito bar per fare colazione. Da quando vivi solo – da parecchio, ormai – non ti riesce di fare colazione a casa. La cena, a volte il pranzo, sì. Chissà perché, invece, la colazione no. Così ogni mattina vai al bar. A volte resti in piedi al bancone, altre volte ti siedi a un tavolino e te la prendi più comoda. Non c’è una regola, dipende da come ti senti – come non ti senti -, dal tempo, dagli impegni o dalla loro assenza, dal caso. Non lo sai perché a volte ti siedi e a volte no.

Oggi ti siedi, e sul tavolino è appoggiato un quotidiano. Così, aspettando il caffè e la brioche, sfogli distrattamente le pagine, leggendo i titoli.

 

Preludio, ovvero, premessa, antefatto: quello che viene prima di tutto e che ci permette di capire quello che segue.

Varchiamo la soglia quindi, fiduciosi che ci verrà data – subito – una chiave interpretativa, una pista.

Leggiamo dunque, ed eccoci ad affrontare immediatamente una stranezza: “Come ogni mattina entri …” Ci capita molto raramente di leggere libri in seconda persona. Anche qui, in questo blog, gli incipit che abbiamo affrontato fino ad adesso presentavano una prima persona (“Come ogni mattina entro”) o una terza persona (“Come ogni mattina entra”). La stranezza – come ogni stranezza – ci spiazza e ci costringe a mettere a fuoco, a cercare una categoria di riferimento. Si tratta di un gesto automatico a livello cognitivo che si chiama tecnicamente “naturalizzazione”: naturalizzare significa immaginare un contesto, una situazione naturale, appunto, che faccia parte della nostra ordinaria esperienza di vita a cui ricondurre quello che leggiamo.

Come naturalizziamo questa seconda persona? Ad un livello molto immediato e di superficie possiamo semplicemente dire che intuiamo che quel tu, presuppone un io che lo dice. La presupposizione di una persona, o, se vogliamo tenerci larghi, un’entità che racconta è il primo – più immediato – gesto interpretativo. Un gesto – peraltro – che non riguarda solamente i contesti in seconda persona. Detto questo non abbiamo purtroppo fatto molta strada: come facciamo a sapere chi parla? Difficile rispondere, ma qualcosa possiamo dire. Il primo verbo che il nostro fantomatico narratore usa è un verbo descrittivo: entrare. L’entrare in un bar è un’azione visibile a chiunque – per esempio, un ipotetico avventore del bar potrebbe vedere il protagonista entrare, appunto, ogni mattina. Ma il verbo successivo – vivere (da solo) – non è un’azione, cioè non è qualcosa di visibile per il nostro avventore. La specificazione che il protagonista vive da solo “da parecchio” conferma che colui che parla sa di più di quello che si vede. Il terzo verbo “non ti riesce” segnala una conoscenza ben più profonda – in fin dei conti sapere che una persona vive da sola da parecchio è una notizia, un pettegolezzo, che non richiede una particolare intimità. “Non ti riesce,”  invece, esplicita che colui che si rivolge al protagonista con il tu, ne conosce le emozioni, i pensieri. Le specificazioni “dipende da come ti senti” “non lo sai” rafforzano il concetto. Non abbiamo più dubbi, insomma, che la persona che dice “tu” ha un rapporto molto, molto intimo con il protagonista. Anzi, a ben guardare, l’impressione è che costui sappia troppe cose.

Traspare un altro dato: colui che parla è pignolo con le parole – le misura, le specifica in maniera che sconfina con la pedanteria (“dagli impegni o dalla loro assenza”). Che mestiere fa uno che è così attento a dire la parola giusta?

Il tutto ci è offerto al presente: il tempo che ci illude che sia possibile la presa diretta con le cose che succedono nel momento in cui succedono. Questo oggi, quel quotidiano e la sua lettura distratta si stagliano netti, in rilievo sullo sfondo di tutte le colazioni in questo bar. Contengono e intonano – siamo sicuri – le pagine (al presente? al passato?) che seguiranno.

L’autore sarà ospite di Ca’ Foscari alle 17 di mercoledì 20 novembre; e al centro direzionale di Veneto Banca, giovedì 21 novembre alle 18. 

In entrambi i casi converserà con me. 

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3 risposte a Il bordo vertiginoso delle cose (Gianrico Carofiglio, Rizzoli 2013)

  1. Luca Baiguini scrive:

    Grazie Pia per questo ulteriore stimolo. Sempre interessante.
    In particolare, il concetto di “naturalizzazione”. Dove posso leggerne di più?

    • Pia Masiero scrive:

      Caro Luca, sulla naturalizzazione ha scritto un testo fondativo (nonchè lungo e complesso) Monica Fludernik. Si tratta di Towards a Natural Narratology. Dalla sua sistematica rilettura della storia delle scelte narratologiche in questa chiave – naturale appunto – è poi nata una vulgata condivisa che interpreta il concetto di naturalizzazione nel modo semplice (e semplicistico) che utilizzo io qui. C’è una corrente della narratologia post-classica (cioè quella che si colloca dopo Genette) che si occupa in maniera particolare delle reazioni cognitive automatiche (naturali) dei lettori; si tratta della “cognitive narratology.”

  2. Luca Baiguini scrive:

    Grazie Pia, sempre puntuale e gentilissima!

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